Classici contemporanei - Parole Spalancate Classici contemporanei
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
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Classici contemporanei

Classici contemporanei

CLASSICI CONTEMPORANEI
Una rubrica di Marco Ercolani*


NANNI CAGNONE
Discorde
(La finestra, 2015)

Nanni Cagnone Discorde«Dover scegliere equivale a perdere le illusioni infantili. Si deve preferire, si deve rinunciare. Rassegnazione inevitabile, ma difficile da esercitare per chi, in poesia, ricerchi il compossibile».
In questo libro di prose critiche, Discorde (La finestra, 2015) l’idea di Nanni Cagnone è l’idea, inconciliata, di una poesia che “ricerchi il compossibile”, di una poesia che non deve mai perdere “la fortuna dell’insonnia”.
Qui sta il senso della sua scrittura, in versi e in prosa, di Cagnone, scavata all’interno della tradizione poetica contemporanea come un abisso di libertà e, come ogni libertà, irriducibile evento senza eredi. «La più profonda esperienza della poesia è quella di una lontananza costitutiva».

Dentro questa lontananza esiste un libro come Discorde, discorde a qualsiasi tempo, e che, pur essendo stato scritto nel corso degli anni si scrive proprio “adesso”, mentre i frammenti si assemblano nell’unicum di un volume che conferma l’inflessibile fermezza di un pensiero eretico, non disponibile alla semplificazione. Discorde è un volume-zibaldone di presentazioni, osservazioni, appunti, stilati nel corso di oltre un cinquantennio; è il libro di chi per anni cova «la strana fantasia d’avere un gemello taciturno […] che sapeva meglio di me le mie paure»; di chi proclama l’auctoritas del sogno come chiave d’accesso alla verità inattuale dell’esperienza vitale: «Se fossi alla ricerca di un’auctoritas, mi rivolgerei ai Wendat e agli Haudenosanee, popoli che non distinguono, e vogliono seguire al risveglio i loro sogni».
Cagnone irride la dicotomia fra avanguardia e tradizione, viste come i poli opposti di uno stesso pianeta: ciò che conta per lui, da sempre, è la «necessità di trovare un pensiero entro la poesia, invece di mettere in versi un pensiero già noto, precedente». Non è un caso se Discorde sia anche un archivio di vivi ricordi di poeti e artisti (ma la parola archivio banalizza ciò che Nanni evidenzia: il ricordo dell’uomo e dell’artista, due esempi fra tutti: le magnifiche e complici osservazioni su Nanni Valentini ed Emilio Villa).

Discorde non è un libro per tutti: è un livre de chevet per lettori complici, per artisti sintonici, per frequentatori dell’arcaico, che è presente, e del presente, che è arcaico. Nulla è come appare ma contiene sempre “l’insolenza d’inconciliabili sogni”, quell’ulteriorità che fa della sua opera ancora in fieri una meteora esplosa solo per rari osservatori.
Discorde è un libro di ricapitolazione, ed “è complicato ricapitolare” osserva Cagnone di se stesso: «uno scorcio, adesso, e una domanda: quali intrecciati fermenti nelle mie studiate veglie? Nottambulo, jazz drummer, corpo amoroso». Io ne proporrei una quarta: uomo avventuroso, irragionevole e desiderante perché «Pazzo, prima o poi, sarà colui che non perde il desiderio»; uomo che non smette di ricordarci come la competenza retorica debba essere imparata per poi essere dimenticata.

Per chi è “discorde”, come Nanni, non c’è accordo con le voci dominanti. Yves Bonnefoy «è un poeta manierato, il cui linguaggio fait toujours décor». I libri di Andrea Zanzotto sono «le giravolte di un cinquantenne vernacolare». E il giudizio su Alda Merini si riassume in una sola frase: «Che dire del suo temperamento esclamativo e della lusinghiera mozione degli affetti?». L’apparente snobismo delle affermazioni non è esibizione di cattivo carattere o di misantropia, ”insolente antitesi” da “volontario del biasimo”, ma nasconde la necessità di preservare il testo, e la sua abbagliante oscurità, dall’esibita chiarezza di qualsiasi passione ideologica, di qualsiasi “utile” bellezza. «La poesia non può essere uno scopo. Piuttosto, una distratta conseguenza».
Nanni non ha scelto la strada dell’afasia espressiva, del superbo isolamento, ma ha moltiplicato le maschere, inventando libri poetici, dialoghi teatrali, scritture per artisti, fedele alla necessità di manifestarsi in forme diverse (spesso marginali ma di altissimo valore estetico) per contrastare il mediocre e uniforme presente. L’incipit ironico del suo primo romanzo Comuni smarrimenti recita: «Vivere non è abbastanza. Perché la vita sia degna di essere vissuta, a questa nudità si deve aggiungere tutto».
In Discorde Cagnone non corregge il tiro, definendosi poeta del vuoto e non del pieno: «…la più ardua richiesta: distruggere la teoria di sé stessi. Dunque, per rendere degna la propria poesia, si deve trovare in sé un altro poeta».
Chissà che quel poeta non appartenga a quei “classici talmente nitidi da sembrare insignificanti” dell’antica poesia cinese e giapponese, immuni da “sottintese metaforiche inquietudini”.
Concludo la mia nota di lettura con un aforisma ironico, degno dell’outsider che Nanni è sempre stato: «Uno scrittore è costretto a sopportarsi, ma i suoi lettori avranno pur diritto a una via di fuga». Anche se la lettura di Discorde suggerisce soprattutto una via centripeta che obbliga il lettore a sostare dentro il libro, tra pause e assilli, prigioniero del labirinto di una riflessione ostinata e insonne, dove chi è poeta non può ignorare la propria potenza: «chi è inibito lasci perdere la poesia come lascia perdere la vita».

 


Marco Ercolani*Marco Ercolani è psichiatra e scrittore. E’ autore di una vasta bibliografia che comprende saggi, romanzi e raccolte poetiche.
Con Turno di guardia ha vinto nel 2010 il Premio Montano per la prosa inedita. Tra le sue ossessioni: i racconti apocrifi, le vite immaginarie, la poesia contemporanea e il nodo arte/follia.