Zag zig - Parole Spalancate Zag zig. Vagheggiamenti vagamenti svagati
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
Festival, poesia, Genova
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Zag zig

Zag zig

ZAG ZIG. Vagheggiamenti vagamente svagati
Rubrica di Stefano Bigazzi*


ferlinghettiQualche giorno fa quasi centoduenne (fra un mese) se n’è andato Lawrence Ferlinghetti. Una bella testa.
Finì in prigione per aver pubblicato un lavoro, “Urlo”, ritenuto osceno, di Allen Ginsberg. Ecco: Allen Ginsberg. A Genova, 1979. Legge in piazza Baracca, a Sestri Ponente, poi è all’Alcione (fresca nuova sede del Teatro della Tosse). Un poeta in mezzo al pubblico, si potrebbe dire, quasi lirico (perché al posto della lira accompagna le sue poesie suonando un organetto). E senza pagare biglietto. Poeta militante in contesto adeguato.

Oggi non sarebbe possibile: verrebbe accusato, oltre di eventuale oscenità, di istigazione all’assembramento.
Si potrebbe obiettare che in fondo la poesia non ha bisogno di essere pubblicamente esternata, si può leggere e ascoltare anche sul telefonino. Come il Digestivo Antonetto, che Nicola Arigliano pubblicizzava dicendo “e lo puoi prendere anche in tram”. Si può, certo. Ma già la poesia è materia che facilmente si presta a soddisfare sentimenti, emozioni eccetera in odore di solipsismo, per non usare un termine desueto come masturbazione mentale. Basta chiudersi in casa, soli soletti, e leggere o scrivere versi su versi.
Altra cosa è ascoltarli o recitarli in pubblico, un sano esercizio di socialità. Come accade per esempio nei festival dedicati, che non sono solo una vetrina per autori, ma la palestra degli ascoltatori. Questi possono udire suoni, versi, sillabe, prosodia, comprendere meglio quanto la/il poeta abbia inteso esprimere.
E se adesso non è possibile, per motivi tecnici sanitari epidemiovirologici e affini, se sarà possibile ma solo con accorgimenti urbanistico geometrici (stare distanti l’una dall’altro, tutti in piazza come belle statuine) che allontaneranno in qualche modo la gente dalla cultura in forma ruspante, sarebbe bene ragionare sull’eventualità di un approccio diverso, più coinvolgente: i festival si fanno e il pubblico deve rendersi conto che per avere poeti sul campo si deve – poco, ma si deve anche pagare.
Per avere autrici e autori, per ospitarli magari più di un giorno mordi e fuggi. Per uscire dalla logica della segregazione, dei protocolli e del coprifuoco: la cultura non è solo virtuale. Non si vive di solo YouTube. Fine delle lamentazioni.
Ora spiego perché ho scelto quale titolo “Zag zig”. Un paio di anni fa (messa data: la sera del 2 giugno 2019, festa della Repubblica) scrissi questa cosa:

“Andiamo così nella vita
un poco a zig zag, talvolta al contrario,
zag zig,
un poco di qui e un poco di là.
Andiamo così,
sballottando,
andiamo
così sballottati,
e ancora così vagando
completamente svagati.
Andiamo con passo leggero,
andiamo un po’ lemme lemme,
anzi nemmeno, le volte,
lo sforzo di un ultimo passo.
Si resta seduti, sdraiati,
immobili quanto basta.
Volendo, sdraiati a zig zag;
seduti, in silenzio, a zag zig”.

Una sorta di premonizione delle quarantene depressogene che di lì a poco sarebbero giunte, forse. O forse un moto di disagio per questo nostro (il mio, intanto) distacco dal mondo reale. Siamo belli, buoni, democratici, sazi e decentemente vestiti. Ma non parliamo. Tutto di fretta, tutto e subito, tutto e il contrario di tutto in un frullatore che non cessa di ruotare vorticosamente. “Urlo” di Allen Ginsberg è del ’55. Sessantasei anni dopo è ancora vivido e valido, osceno è tutto il resto, quello che ci circonda, accettato come ineluttabile humus della vita quotidiana. Mi piacerebbe riascoltare il poeta col suo organetto, meglio, molto meglio di tanti pifferai da juke box (senza idrogeno). Inserisci la monetina e via, si declama!

 


Stefano Bigazzi*Stefano Bigazzi: Genova, 1957. Giornalista.