09 Apr Zag zig
ZAG ZIG. Vagheggiamenti vagamente svagati
Rubrica di Stefano Bigazzi*
GARBARINO MI GARBA
Non so come non so perché mi imbatto nei versi di Simona Garbarino.
Visto che è sapiente giocherellona (insegna all’università, fa teatro, televisione, scrive, brega, disfa; e appunto quasi – forse no – giocando e tutto le riesce, e bene, a quanto pare. Anche con la poesia) la sistemo subito: Garbarino mi garba.
Sono stato travolto da questo: “Giunta alla fine del mondo,/ rivolgo il mio pensiero a te./ Non tentenno neppure./ Sull’orlo del precipizio/ urlo tacitamente il tuo nome./ Amore sgraziato/ ………………………./ sregolato spudorato/ ………………………../ dove sei?/ Se dovessi cadere,/ trascinerò con me tutte le s”.
Ho copiato tutti i punti (effettivamente di sospensione si parla, quando si è sull’orlo di qualcosa, particolarmente di un precipizio) Una poesia di allegra mestizia, molto dolce e un po’ amara tra tante r e quelle s in bilico.
E quest’altra? “Boutique”, si intitola. “Buongiorno signora, desidera?/ Una sciarpa di nebbia,/ come quella in vetrina./ Veramente è di marmo…/ plissettato ma di marmo./ Ah no, per carità:/ di marmo ho già le scarpe/ e il colbacco dell’anno scorso./ Le stava così bene!/ L’ha sfruttato?/ Abbastanza…/ non tutti i giorni/ per certi cerchi alla testa, talvolta./ Capisco./ Ha visto i nuovi arrivi?/ Questi deliziosi mantelli di pece/ e lamiera…/ un passepartout per ogni occasione:/ riunioni pedestri/ incontri del gatto/ giornate piovose/ sproloqui saccenti./ Che dice?/ Prendo quello cobalto,/ aggiunga quel delizioso paio/ di guanti al tritolo./ Ah, signora ottima scelta:/ sarà una bomba./ Lo spero”.
E va bene, potremmo essere in una sorta di visione surrealista, eppure questa poesia è un interessante pièce, una prova di teatro da camera in versi, Beckett e Pinter l’avrebbero apprezzata.
È piuttosto coerente al personaggio, del resto, poco conformista e molto autentica.
Anche quando si ferma per una riflessione, dice senza pretendere di essere arguta, avviluppando il lettore di leggerezza: “Addomesticata, no./ Randagia/ lo dico adesso./ Fuori l’uragano piange”. Addomesticami, dice la volpe al Piccolo Principe. Ma Simona non è una volpe e questa non ė una fiaba, è un manifesto. Si potrebbe tradurre con meglio soli che (bene o male) accompagnati, e avrebbe pure senso. Ma è l’uragano a commuovere. Gli uragani infuriano soffiano corrono spingono distruggono prima di perdersi in uno spiffero come di corrente d’aria da una gigantesca finestra chiusa male, un qualche rantolo bolso. Fulmine che si appiattisce (Gadda) “per sempre nella misteriosa nullità del potenziale di terra”. No, l’uragano piange.
Aggiungo il “Teatrino del Pigro Desiderio”.
Qui si recita “Rabdomanti isterici/ fingiamo di cercarci./ “Ci vediamo?/ Chiami tu?”./ I nostri messaggi impigliati/ in una partitura distratta/ slabbrata./ Parole sfinite/ si mettono in scena/ ogni volta./ Come sarebbe tutto più semplice/ se a bruciapelo/ tu mi dicessi/ “Volo da te”/ e io ti rispondessi/ “Sono sotto casa tua”./ Sublime geografia delle intenzioni”.
Grazie.
*Stefano Bigazzi: Genova, 1957. Giornalista.