Parole sulla soglia - Parole Spalancate Angela Suppo
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
Festival, poesia, Genova
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Parole sulla soglia

Parole sulla soglia

PAROLE SULLA SOGLIA
Rubrica di Daniela Bisagno*

 


ANGELA SUPPO
Senza indicazione di tempo
(La Vita Felice, 2019)

 

angela suppoSenza indicazione di tempo (Milano, La Vita felice, 2019) è una raccolta di poesie di Angela Suppo, suddivisa in sei sezioni: Stagioni, Amori, Costumi, Dei poeti, Dialoghi, Altre stagioni. Si tratta di un libro poetico dove “stagione” è la “figura” dominante che apre e suggella il ciclo di queste poesie, quasi una grande parola che, nel suo declinarsi, assume le desinenze dell’adolescenza, della giovinezza, dell’età matura. Tutte stazioni di una microstoria – quella umana, individuale – che si sdipana e si orchestra sullo scenario più vasto della macrostoria naturale, nelle sue grandi scansioni, secondo un rapporto di dipendenza reciproca in virtù del quale la vicenda della natura, i suoi passaggi epocali, hanno assunto il valore di metafore o allegorie dell’esistenza dell’umanità, offrendole un vasto repertorio figurale a cui ha attinto, ab origine, il codice espressivo artistico e letterario di ogni epoca, per non parlare del linguaggio comune. Nulla di sorprendente, perciò, se la poesia della Suppo, che si situa nel grande bacino della tradizione poetica italiana e, più indietro ancora – come osserva Conte nella prefazione –, nell’alveo della classicità greco-latina, si contraddistingua in primo luogo per una strenua attenzione al linguaggio della natura, ai suoi segni, alle loro, ancorché minime, variazioni. Un’attenzione che non arretra di fronte a nulla e che si esercita, con altrettanta acribia, sulle cosiddette qualità secondarie delle cose – colori, sapori, odori, qualità tattili, forme. Come, ad esempio, in questo testo, Caffè Tortoni, preziosissimo nella sua frontalità, dove l’agnizione (della poetessa Alfonsina Storni) è l’esito di un atto immaginativo, che si attiva in grazia di un’esperienza percettiva, di un’attività dei sensi corporei, principalmente del fiuto: qualcosa di vicinissimo a quel senso animale del mondo, appunto, di cui parla James Hillman, in L’anima del mondo e il pensiero del cuore.

Ti ho conosciuto,
Alfonsina Storni.

Eri al caffè Tortoni,
in compagnia,
e intorno specchi,
boiseries, profumo
lieto di caffè.

Statua di cera
al tavolo occupato:
immobili poeti,
tango sospeso.

E il respiro caldo
delle brioches,
e, ancora, sentire di barberia.

«Cane allegro che tutto odora»: così è definito il thymos del cuore, cioè il desiderio (Wunsch, nel linguaggio psicoanalitico), in La carne, nella seconda sezione della raccolta (Amori). Si tratta di un testo brevissimo, ma abbastanza incisivo, per il suo ricondurci nel luogo centrale della poetica della Suppo, in cui l’amore non è solo un’esperienza personale di pertinenza del cuore, inteso come cuore emozionale, luogo della mia interiorità più intima, ma una modalità di percezione del mondo, dove il cuore rappresenta il centro elettivo di un “sentire” più ampio, “quel fiutare, quel trattenere il fiato, quell’inspirare il mondo” in cui consiste la percezione sensoriale.

È finito il desiderio,
cane allegro che tutto odora.

Ma ancora
sotto pelle naviga
il percorso delle vene,
consola di tenerezze,
alita primavere.

Non suonano incomprensibili, perciò, alla luce di questa poetica, le perplessità espresse dalla Suppo nei confronti di quel vasto e caleidoscopico mondo virtuale rappresentato da web, in un testo incluso nella terza sezione del libro, Costumi, intitolato appunto Web, che con il suo “troppo di tutto”, fingendo da un lato di investire i fruitori di una sovrabbondanza (di immagini) in cui ogni offerta è dono e delizia gratuita, dall’altro sferra un attacco micidiale a quel “locus dell’attività immaginativa” (il cuore), dove sentire è simultaneamente amare, conoscere, dunque essere. Né dovrebbero stupire le riserve nei confronti della critica letteraria che l’autrice affida agli endecasillabi di La critica (nella quarta sezione del libro, Dei poeti) laddove rivendica l’assoluta preminenza del sentire sul capire, i diritti della percezione che certa critica letteraria filologica vorrebbe conculcare in nome dell’obiettività, nel tentativo di “portare alla luce il senso”. Ciò che resta, dopo questo intervento devastante, equiparabile all’incisione di un bisturi, sul corpo della poesia («Come è freddo il bisturi che affonda/ nelle parole lievi del poeta», recitano i due versi iniziali), prosegue la Suppo, altro non è che un

Terreno alluvionale di parole,
qualche ciotolo tondo levigato,
rottami sparsi del significato,
e il senso in fuga, come accade al sogno
che trattieni, ma invano, nel risveglio.

Caro poeta sezionato e fratto,
preferisco la critica ignorare:
leggere anche senza troppo capire.

Là dove prima era il tutto, ora è il nulla. Una sorte che il testo poetico, sezionato dal bisturi della filologia, condivide con il sogno, qualora sia sottoposto agli interventi, altrettanto invasivi, di certi interpreti. Quegli interpreti i quali, anche secondo un poeta come Cesare Viviani (I miei nemici filologi, recitava il titolo di un suo saggio di estetica e di poetica, Il mondo non è uno spettacolo), si affannano a ridurre a oggettività proprio quanto è, per natura, inobiettivabile, indefinibile. Il “senso in fuga” – del sogno, della poesia – è appunto questo quid irriducibile a ogni tentativo di comprensione, ma è anche il vuoto pneumatico (o la terra trasfigurata) in cui la poesia si forma, “come la manna di Sant’Andrea nella cavità dell’ampolla”, frutto di un lavoro lungo, tenace, a somiglianza di quello dell’artigiano e “senza indicazione di tempo”, come recita il titolo del libro di Angela Suppo.


daniela bisagnoDaniela Bisagno è nata a Genova dove vive e lavora. Saggista e critica letteraria, si occupa prevalentemente di poesia. Ha scritto saggi, fra gli altri, su Cesare Pavese, Elsa Morante, Furio Jesi, Enrico Testa, Cesare Viviani, Massimo Morasso, Giancarlo Pontiggia, Roberto Mussapi, Rossella Maiore Tamponi. È autrice di due monografie critiche: La parola della madre. Traduzione e commento dei “Poemata Christiana” di Giovanni Pascoli (Jaca book, 1998) e L’orma dell’angelo. Saggio sulla poesia di Cesare Viviani (Interlinea, 2010). Una sua scelta di versi è stata pubblicata sull’almanacco di poesia “Punto” (marzo 2016); un’altra è comparsa sull’antologia, Genova. Omaggio in versi, a cura di Tamar Niederdorf (Bertoni editore, 2019).