L'arte del Terzo Millennio - Parole Spalancate Davide Coltro
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
Festival, poesia, Genova
1905
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L’arte del Terzo Millennio

L’arte del Terzo Millennio

L’ARTE DEL TERZO MILLENNIO
Rubrica di Virginia Monteverde*


DAVIDE COLTRO, LE NUOVE FRONTIERE
“l’arte tecnologica, un atto di coraggio”

Davide Coltro

Davide Coltro – MEDIUM COLOR LANDSCAPES (dettaglio) icona digitale trasmessa a quadro elettronico, 2020

E’ prerogativa dell’arte parlare il linguaggio del proprio tempo. E il linguaggio del nostro tempo è sempre più digitale, con un’accelerazione in questo senso, trainata dalla contingenza ma non solo, che fa ritenere più che plausibile un consolidamento di questa tendenza negli anni a venire. Il mondo, in buona sostanza, è alle prese con un cambiamento radicale della realtà e, soprattutto, con una mutazione sia della percezione che della interpretazione di questa realtà. Tutto ciò sembra allontanare l’uomo dal proprio habitat naturale, per confinarlo negli spazi ristretti e al tempo stesso infiniti della realtà virtuale. Ma questo comporta anche il rischio concreto di essere sopraffatti dalla tecnologia?
Lo chiediamo a Davide Coltro, artista unanimemente considerato l’inventore del “quadro mediale”, e al contempo uomo di cultura con alle spalle approfonditi studi di teologia e sperimentazioni tese a indagare la percezione dell’arte del terzo millennio con particolare attenzione al rapporto fra l’uomo e il proprio ambiente.

«Penso che l’arte sia prima di tutto un esercizio di libertà, nello sguardo, nel percepire il mondo, nei rapporti umani quanto nelle tecniche da utilizzare e nei messaggi da consegnare al presente ed alla storia – risponde Coltro -. La libertà è vicina alla verità, si nutre di essa, spesso la sete di verità è tensione pura verso la libertà. Per chi affronta la vocazione artistica, appagante ma scomoda, soddisfacente ma insidiosa perché si può venire contagiati dai veleni tipici delle attività intellettuali come l’invidia e lo scoraggiamento che sfocia in depressione, è necessario coltivare una vita spirituale che può assumere declinazione religiosa o laica, non solo per scongiurare problemi personali, ma soprattutto per ricordare la nostra dimensione antropologica composta di materia e spirito fusi insieme. Nel cammino che porta alla maturazione artistica ed insieme umana, sono importanti le domande di senso e la nostra capacità di approfondire, riflettere sulle azioni che stiamo compiendo e sulle loro motivazioni. Mi sono dilungato con questa premessa in quanto credo che un corretto atteggiamento agevoli anche l’utilizzo della tecnologia come via espressiva privilegiata. Fare oggi arte tecnologica sembra scontato ma è invece un atto di coraggio perché vengono affrontati problemi di teoria, tecnica ed esecuzione sempre nuovi. Si può dire che gli artisti tecnologici, sul piano del dialogo, vivano l’inebriante solitudine dell’esploratore che si affaccia ad un nuovo orizzonte. Ricordo sovente a me stesso che la tecnologia è solo un mezzo per arrivare al fine dell’arte: parlare dell’inesprimibile tensione dell’uomo verso l’assoluto. Abbiamo sete di infinito e di eternità, rendere testimonianza di questo con la propria vita e le proprie opere è il compito dell’artista, con o senza tecnologia. Per dirla con le parole del grande maestro Claudio Olivieri, recentemente passato ad altre prospettive: “L’Arte non ha mai avuto la pretesa di esprimere alcunché di eterno ma non ha potuto che tentare ciò che è eternamente inesprimibile”».

In questo particolare momento storico, quanto è importante per il mondo dell’arte recuperare e rimettere al centro il rapporto umano?

«Porsi con un nuovo atteggiamento di fronte ai problemi che accompagnano l’umanità mi sembra sia lo sforzo richiesto alla vita di ciascuno. L’artista dovrebbe essere il soggetto che sperimenta con sensibilità e senza timore la dimensione complessiva del dirsi esseri umani ed il rapporto con “l’altro da sè” è capitolo essenziale. L’arte è sempre un dono gratuito che scaturisce in alcuni individui come bisogno profondo che connota tutta l’esistenza. Un “dono di senso” anima le opere d’arte che si possono chiamare tali ed è proprio questa intenzione, che passa attraverso i filtri della soggettività personale a trasferirsi nelle opere. Il grande astrattista americano Barnett Newman, di cultura spirituale ebraica, conia il termine di “arte plasmica”, nel suo caso quadri o più in generale opere come ponti di empatia e pensiero tra l’artista ed il fruitore dell’opera. L’opera d’arte come vettore di senso e di pensiero per supportare la danza dei rapporti umani, delle relazioni interpersonali, prima ancora di una priorità dimenticata è elemento fondante dell’appartenere al genere umano. Il mondo dell’arte non può che sentire l’inaccettabile mutilazione dei rapporti e stabilirne pronto ripristino, amorevole risistemazione. La speranza è che la nostra generazione di artisti, anche attraverso i nuovi mezzi a disposizione, trovi il modo per assolvere questa missione, insita nella chiamata personale, inscritta nella sua stessa natura».

 


virginia monteverde*Virginia Monteverde vive e lavora a Genova. Le sue scelte artistiche sono orientate alla sperimentazione digitale: pittura digitale, videoarte, e installazioni multimediali. E’ direttrice artistica di Art CommissionEvents, e cura il coordinamento e la promozione di eventi culturali in Italia e all’estero.