La poesia straniera in Italia - Parole Spalancate Nuno Judice
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
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La poesia straniera in Italia

La poesia straniera in Italia

LA POESIA STRANIERA IN ITALIA
Rubrica di Donatella Bisutti*


NUNO JUDICE
Ritorno allo scenario campestre
trad. di Matteo Pupillo ed Eleonora Rimolo
Collana Aeclanum, Delta 3 Edizioni, Avellino 2021, pag 119

 

Questo libro inaugura, per quanto riguarda la poesia straniera, la nuova collana edita dalla Delta 3 di Avellino, che fa capo al professor Sallicandro, un editore che crede ancora nella possibilità di investire sulla poesia. La collana è stata in particolare voluta e ideata da Eleonora Rimolo, dottore di ricerca presso l’Università di Salerno e direttore della rivista Atelier on line, la quale si è di recente aggiudicata il prestigioso Premio Pordenonelegge Poesia per la raccolta La terra originale. Con Aeclanum, nome ispirato all’omonima città sannita per sottolinearne le radici nel territorio, la Rimolo propone “una collana che nasce nel Sud ma guarda il mondo” e sotto l’egida di voci affermate, come questa di Júdice, desidera lanciare voci nuove.
Il volume in oggetto contiene la traduzione italiana integrale della raccolta Regresso a Um Cenário Campestre edita da Dom Quixote nel 2020 e scritta quindi durante la pandemia. Una raccolta particolarmente attuale, quindi, di uno dei maggiori poeti portoghesi di oggi, Nuno Júdice che qui, come recita il risguardo di copertina, riflette “sulle trasformazioni derivanti dai tempi in cui viviamo, inclusa la satira su politicamente corretto e sulla revisione della storia”, anche se rimane ben presente, come nei suoi libri precedenti, la tematica dell’amore e della natura. Il lavoro di traduzione è stato condotto a quattro mani dalla Rimolo e da Matteo Pupillo, laureato in Lingua e Letteratura Portoghese all’Università di Lisbona e membro dell’Associazione Internazionale dei Lusitanisti. Júdice, nato nell’Algarve nel 1949 e laureato in Filologia Romanza, professore emerito dell’Università di Lisbona, direttore della rivista Colóquio-Letras, è anche noto saggista e narratore, Di questo libro mi piace citare l’inizio della poesia che apre il volume, La casa della poesia, e che si può considerare una sorta di “manifesto di poetica”: “Nella casa della poesia ci sono angoli bui/ dove possiamo nasconderci come se non avessimo bisogno/ di luce. Ho spinto la porta di questa casa alla ricerca/di questi angoli; ma ho anche trovato il sole che entrava dalle finestre”. Di Júdice il critico portoghese Antonio Fournier, professore di Letteratura Portoghese all’Università di Torino, aveva scritto che “oscilla fra una poesia tradizionale e aderente alle regole e alle convenzioni dei canoni del lirismo e uno sperimentalismo continuamente rinnovato.” e “filtra la grande tradizione poetica europea”, di cui lo considera “uno dei migliori interpreti” , avendo assorbito sia il romanticismo tedesco (Holderlin) sia il simbolismo francese (Mallarmé). La poesia di Júdice , essendo passata attraverso molte molteplici esperienze e sperimentazioni, è insieme intellettuale e di “deflagrazione lirica”, come ben dimostra questo suo recentissimo libro, di grande intensità immaginifica ed emotiva. Un abilissimo gioco degli specchi in cui l’immagine si riflette nella parola e viceversa, in un continuo rimando dall’una all’altra, con un richiamo al surrealismo, per cui il paesaggio diventa figura e la figura si fa paesaggio, con misteriose immagini femminili che sono piuttosto un alter ego fantastico dell’Autore. Tutto questo con un sorriso pieno di malinconia, un’aspirazione alla gioia continuamente delusa, in un continuo “smorzato” musicale, una liquidità pervasiva. Una dimensione insieme cosmica e naturalistica, lirica e a tratti quasi intimistica, che si apre all’immensità della volta celeste e alla presenza dell’acqua, dell’albero, del fiore, ma anche di paesaggi sfocati nella lontananza di un crepuscolo malinconico, e si capovolge di continuo in un gioco di prestigio linguistico e letterario, come se il poeta fosse il Grande Burattinaio cui tutto è concesso e che crede nella voce delle stelle tanto quanto la ritiene una mistificazione, o meglio un gioco dell’intelligenza preso nella rete dell’Io.

Un gioco di cui la più immediata connotazione è il senso del distacco e della distanza che pone le immagini davanti a un obiettivo per allontanarne la pericolosità e il sovrastare, anche se da questo obiettivo gocciola sangue: ma è sangue che viene subito cancellato e raccolto da un fazzoletto terso. Il poeta è anche qualcuno che guarda il mondo insieme con crudeltà e tenerezza, sorride per non piangere il dolore dell’assenza e della solitudine, ma questa assenza e questa solitudine non sono mai tragedia e non diventano mai nemmeno un walzer triste, così come la gioia di continuo si spezza, bensì una composizione perfetta, un movimento estetico che trattiene il poeta al di qua del nulla. Questo non impedisce che l’ultima poesia del volume, che gli dà titolo, Ritorno allo scenario campestre, si chiuda sulla speranza che “rinasca il canto che il mattino intona all’orecchio degli innamorati”. E questa poesia, nel suo slancio panico, nel suo accumulo effervescente e grandioso di immagini, a un lettore italiano potrebbe far pensare persino al sensualismo estetizzante di un D’Annunzio rivisitato e attualizzato.


*Donatella Bisutti, nata a Milano, vive a Genova. E’ poeta, scrittrice, giornalista, operatrice culturale. Ha scritto il bestseller La poesia salva la vita e il romanzo Voglio avere gli occhi azzurri. Fra le sue raccolte di poesia Inganno ottico, Premio Montale per l’Inedito, Rosa Alchemica, Premio Lerici Pea e Premio Camaiore, e il recente Sciamano. Ha fondato la rivista Poesia e Conoscenza. Per i bambini ha scritto tra l’altro Le parole magiche (Tascabili per i ragazzi Feltrinelli).