COSE CHE INTERESSANO A ME - Parole Spalancate Le tre New York
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
Festival, poesia, Genova
1994
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COSE CHE INTERESSANO A ME

COSE CHE INTERESSANO A ME

COSE CHE INTERESSANO A ME
Rubrica di Stefano Trucco*


LE TRE NEW YORK

new yorkMartedì 9 novembre 1965.
Un sovraccarico fa saltare un contatto nella centrale idro-elettrica delle cascate del Niagara e rapidamente 30 milioni di persone rimangono senza corrente elettrica per 13 ore, fra le 17.30 del pomeriggio e le 7 di mattina del giorno dopo. Furono colpiti l’Ontario, buona parte del New England, il New Jersey, lo stato di New York ma soprattutto New York stessa.

Mercoledì 13 luglio 1977.
Una serie di fulmini colpisce la centrale elettrica di Indian Point, a nord di New York, e da lì parte un effetto domino sulla rete elettrica cittadina che provoca un nuovo blackout, stavolta limitato alla metropoli e ai suoi immediati dintorni, che dura dalle 9.30 di sera fino alle 10.30 del mattino dopo.

Giovedì 14 agosto 2003.
Un albero cade e interrompe una linea elettrica in Ohio e ciò provoca il solito effetto a cascata e la corrente elettrica manca in gran parte del nord-est degli Stati Uniti: la zona già colpita dal blackout del 1965 più Pennsylvania, Ohio e Wisconsin. A New York il buio durò dalle 5 del pomeriggio alle 5 del mattino. Non so se ve lo ricordate ma quell’anno ce ne fu uno anche in tutta Italia e per lo stesso motivo, un albero caduto.

New York fa parte di quel piccolo club di città, anzi di metropoli, che sono fatte tanto di mito quanto di cemento e asfalto, città in cui anche la prima visita è un ritorno perché le conosciamo già come parte della cultura. Per tutto il XX secolo New York – la Gotham di Batman, l’Isola di Ed McBain, la Metropolis di Fritz Lang, la New New York di Futurama, la città nuda in cui un tempo c’erano otto milioni di storie, la città più volte distrutta da guerre immaginarie e invasioni aliene, la città destinata a diventare l’improbabile capitale mondiale della commedia romantica – è stata LA Città per eccellenza, il futuro di ieri. Perciò tutto quel che vi succedeva era importante per tutti. Compresi i blackout.

C’erano già stati blackout minori e parziali – ogni anno c’era bisogno di sempre più energia – ma quello del 1965 fu il primo blackout totale, frutto di un semplice meccanismo di regolazione automatica – cibernetica, si sarebbe detto allora – che malfunziona.
La città, in quel culmine degli anni Sessanta fra la metà della speranza e quella del caos, non è mai stata così bella e così centrale nell’immaginario mondiale.
Gli ascoltatori delle radioline a transistor sentono la musica rallentare fino a spegnersi insieme a tutto il resto. Nel giro di pochi minuti 800000 persone sono bloccate nella metropoli perfettamente buia e chissà quante negli ascensori. Spenti i semafori si creano giganteschi ingorghi – è pure l’ora in cui i pendolari tornavano a casa. Le mille luci di Broadway e Times Square sono naturalmente spente, con il pubblico dei cinema e delle matinée teatrali che esce nell’oscurità.
Tutti la prendono bene, a quanto pare: i newyorkesi, solitamente abbastanza maleducati e bruschi secondo la vulgata dell’epoca, si aiutano gli uni con gli altri. Gli impiegati che non possono tornare a casa a piedi si arrangiano a dormire in ufficio oppure nella Grand Central Station, dove si organizzano cori, e centinaia di vigili urbani improvvisati aiutano a dirigere il traffico.
C’è la luna piena e vengono commessi meno crimini che in qualsiasi notte da quando ci sono statistiche attendibili. La leggenda vuole che nove mesi dopo ci sia stato un boom di nascite.

Tempo pochi giorni c’è una canzone, ‘New York in the Dark’, e tre anni dopo un film, ‘Che cosa hai fatto quando siamo rimasti al buio?’, in cui Doris Day perde finalmente la verginità con Robert Morse.

new yorkNel 1977 la città è sull’orlo del collasso urbanistico e finanziario e la violenza cresce di anno in anno. La classe media è fuggita verso i suburb e la base fiscale è crollata. Times Square è l’epicentro della prostituzione, della pornografia e dello spaccio di eroina. Che il blackout sia provocato da fulmini sembra decisamente intonato al periodo. Però fa caldo, a differenza del 1965.
Ci furono più di mille incendi, di cui 50 molti seri, soprattutto a Brooklyn e Queens. Centinaia di negozi vennero saccheggiati e i saccheggiatori vennero saccheggiati a loro volta. Centinaia di ferite da taglio curate negli ospedali che possono operare con le unità d’emergenza. Quasi 4000 arresti ma, curiosamente, un solo morto.
La partita di baseball allo Shea Stadium viene interrotta e conclusa mesi dopo: i Chicago Cubs sconfissero i New York Mets – in quel periodo andava davvero tutto storto a New York. 50 Pontiac spariscono da una concessionaria, come pure una bella quantità di giradischi e strumenti musicali che diedero vita all’hip hop – ma anche questa è una leggenda, come il baby boom del 1965.
Il giorno dopo un prete cattolico della chiesa di Santa Barbara a Bushwick, il cuore delle devastazioni, disse che ‘Dio ci ha abbandonato’.
Insomma, la New York dei ‘Guerrieri della Notte’ (1979) e di ‘1997: Fuga da New York’ (1981), il crollo dei sistemi complessi fatto fiction. La fine sembrava vicina.

Quando la luce viene a mancare nel 2003 la prima reazione è comprensibilmente ansiogena: non solo molti ricordano la ‘notte dell’orrore’ del 1977 ma tutti ricordano l’attacco del 9 settembre 2001. Ora però ci sono i telefonini e il Sindaco Bloomberg può comunicare rapidamente che non è un attacco terroristico. La possibilità di comunicare molto più facilmente è fondamentale per calmare gli animi. Inoltre la polizia è molto più pronta e preparata che nel ’77 e lo sono pure i cittadini.
Certo, di nuovo migliaia di persone bloccate in metropolitana e negli ascensori, di nuovo ingorghi, di nuovo volenterosi cittadini che si mettono a dirigere il traffico. C’è un po’ di violenza e saccheggio ma molto meno che 26 anni prima.
I newyorkesi reagiscono al blackout del 2003 come a quello del 1965 ma dove prima l’emozione dominante era stata la sorpresa stavolta invece è il sollievo.
Quindi, come dice la mia ‘Not for tourists Guide to New York 2019’ il blackout si trasforma nel ‘biggest street party in New York history’. Faceva di nuovo caldo e i gelati vennero regalati ai passanti prima che sciogliessero. I negozi rimasero aperti ben oltre gli orari consueti. Si improvvisarono party di isolato e parate di quartiere, così che le strade furono al tempo stesso animate e presidiate. La cameraderie spontanea ma un po’ imbarazzata era ora consapevole e al tempo stesso più disinvolta. E no, di nuovo non vi fu un picco delle nascite nove mesi dopo: non c’è mai, in questi casi.

Sono curioso di vedere che effetto avrà il prossimo blackout, in quest’era di social media, complottismo e polarizzazione politica.

(Ah, parlerò spesso di New York in questa rubrica: sto scrivendo una cosa ambientata lì e quindi sono abbastanza ossessionato).

 


stefano-trucco*Stefano Trucco è nato nel 1962 a Genova, dove vive e lavora come bibliotecario. Ha pubblicato due romanzi – ‘Fight Night’ (Bompiani, 2014) e ‘Il Gran Bazar del XX secolo‘ (Aguaplano, 2019) -, il racconto lungo ‘1958. Una storia dell’Età Atomica‘ (Intermezzi, 2018) e un po’ d’altri racconti qua e là.