Polipoesia e dintorni - Parole Spalancate Ferlinghetti
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
Festival, poesia, Genova
1930
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Polipoesia e dintorni

Polipoesia e dintorni

POLIPOESIA E DINTORNI
Rubrica a cura di Enzo Minarelli*


FERLINGHETTI

ferlinghettiApparentemente uno può pensare che Ferlinghetti c’entri niente con questa rubrica, sicuro non si può dire che lui sia un poeta sonoro né tantomeno un polipoeta, ma la sua figura, che è giusto ricordare, si presta a qualche utile considerazione ed anche commemorazione.
Rivendendo giorni fa la sua ultima tournée italiana, organizzata da Francesco Conz (credo che abbia fatto tappa anche a Genova nel festival per il quale sto scrivendo) non si può dire che fosse un eccellente performer, girava come icona beat più per meriti acquisiti che suoi stessi.
Su questo terreno era surclassato dal carisma seduttorio di Allen Ginsberg ma soprattutto dalla personalità vincente di Jack Kerouac.
Allargando un po’ il discorso, spetta ai due appena citati l’idea di introdurre nei reading le note del jazz. E questo è già un passo notevole non solo per la letteratura anglo-americana.
Se Ezra Pound viene ricordato per la melopea intrinseca al verso e all’uso dell’ideogramma in chiave visuale, ai Beats spetta l’onore di inserire la vera musica su un testo poetico senza fare, ovviamente, una canzone.
Allora il nostro Ferlinghetti ha il merito, per dare a Cesare quel che è di Cesare, di pubblicare in piena maccartismo i primi libri dei Beats, in omaggio a quel verso I am the door in virtù del quale nulla è impossibile. Non solo, citando un altro suo verso, la poesia fa del bene, ha trasmesso quella grande convinzione che ha senso spendere la vita nel nome della poesia.
Chi era a San Francisco quando gli hanno dedicato una strada, racconta che è stato un bel momento, direi una sacrosanta ricompensa che quella città gli doveva, non foss’altro per il bellissimo bookstore, l’ultra-noto City Lights ancora frequentatissimo e, aggiungerei, molto accogliente e come sempre alternativo alle tuttora compassate, normali librerie dei downtown nella Bay Area.
Un’oasi dove si respira poesia ad ogni angolo, poi all’improvviso ti spunta davanti quella scritta a mano su una porta I am the door a ricordarti che tutto può accadere, se tu lo vuoi.
Per me ha assunto il valore di un rito (lo confesso l’ho fatto, purtroppo una volta sola) quando mi trovo nella città dei figli dei fiori, appena gli impegni me lo permettono, prendere un’auto e puntare verso l’oceano.
Oltrepasso Monterrey la città dove approdò Robert Louis Stevenson mollando tutto quanto aveva in Inghilterra per andare a vivere con la sua amata signora, e imboccare la stradina costiera della West Coast; ad un certo punto lascio la strada alla ricerca della casetta di legno che Ferlinghetti possedeva in mezzo alla boscaglia.
Ecco, la sensazione laggiù è questa, uno si sente fuori da tutto, ma mai così dentro a tutte le cose.
Perché?
Perché in quel luogo sono stati scritti magici romanzi e altrettanto magici versi.


minarelli*Enzo Minarelli è nato nel 1951 (laureato con tesi di psicolinguistica all’Università di Venezia) si occupa di poesia e delle sue praticabili aperture verso il suono, la scrittura, il video e lo spettacolo, sin dagli anni Settanta. Il suo Manifesto della Polipoesia è del 1987, tentativo di teorizzare lo spettacolo di poesia sonora. Suoi interventi polipoetici sono stati eseguiti in Europa, Canada, U.S.A., Messico, Cuba e Brasile.