L'ospite - Parole Spalancate Il gioco d'azzardo e dipendenza
Attivo dal 1995, il Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole Spalancate” è la più grande e longeva manifestazione italiana di poesia
Festival, poesia, Genova
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L’ospite

L’ospite

L’ARTE E LA POESIA COME (POSSIBILE) RISPOSTA
ALLA DIPENDENZA DA GIOCO D’AZZARDO.
di Sergio Famulari*

 

I bariIl gioco d’azzardo è stato da sempre oggetto di produzioni letterarie e filmiche, che spesso, tranne in alcuni casi, hanno strizzato l’occhio ad una concezione del gioco “gestibile”, o addirittura direttamente proporzionale all’ abilità ed al coraggio.
Per avere una visione di insieme della letteratura e della filmografia dedicata al gioco d’azzardo visita il link qui sotto
https://it.readkong.com/page/il-gioco-d-azzardo-nella-letteratura-e-nei-film-7823914

UN ESEMPIO (DISTORTO) SU TUTTI:
Il giocatore (Rounders) / regia di John Dahl
Mike McDermott è uno studente di giurisprudenza che si paga gli studi grazie alla sua bravura nel poker. Per fare il “grande salto” una sera decide di sfidare Teddy KGB, uno strozzino di origine russa che gestisce un club privato, ma la partita si chiude miseramente per lui, che infatti perde 30.000$.
Passati nove mesi da questa dura sconfitta, Mike ha ormai mollato il poker e per mantenersi all’università lavora come fattorino per il suo caro amico e giocatore Joey Knish. Le cose si complicano quando esce di prigione il suo vecchio amico Lester “Verme” Murphy, che si indebita subito di 15.000$ con Grama, uno scagnozzo di Teddy KGB, e di 7.000$ con il Chesterfield, un club gestito dalla bella Petra. Verme e Mike cercano insieme di recuperare la somma, ma durante una partita di 7 card stud insieme a dei poliziotti, in cui Mike da solo era già riuscito a recuperare la somma, a causa di Verme, che viene scoperto a barare, i due vengono duramente picchiati e privati della vincita. Dopo il pestaggio, Verme scappa e Mike si trova da solo a risarcire tutti i debiti dell’amico. Il ragazzo chiede dei soldi a Knish, che però non si può permettere una tale cifra, per poi rivolgersi al professor Abe Petrovsky, che capisce che il futuro di Mike è il gioco e gli concede un prestito di 10.000$. Con il prestito ricevuto dal suo professore, Mike sfida di nuovo Teddy KGB a una partita testa a testa. La partita viene vinta dal ragazzo, che con i 20.000$ ottenuti può ripagare buona parte dei debiti, ma questi viene stuzzicato da Teddy a giocarsi questa somma contro i restanti 20.000$ che lo strozzino ancora ha dalla vincita precedente contro di lui. Mike accetta e, dopo una dura partita, riesce a sconfiggere Teddy KGB vincendo 60.000$, con i quali paga tutti i debiti riuscendo inoltre a tenerne da parte 30.000, che utilizzerà per tenta-re di vincere a Las Vegas il Main Event delle WSOP.

In questo film sono presenti molti aspetti veritieri sul gioco d’azzardo: la mente occupata da un unico pensiero, la speranza nel grande colpo, la discesa progressiva nelle frequentazioni sempre più grette e pericolose, la vita appesa ad un filo, epperò manca del tutto il realismo nel finale, infatti il protagonista esce vincente, ed addirittura pronto ad un ulteriore grande salto.

Domenica 6 febbraio è andato in scena al Teatro del Ponente di GenovaTutta una lotteria”, restituzione teatrale ed artistica del progetto “GAME OVER – L’azzardo divora”, finanziato da Regione Liguria e coordinato da ASL3.
L’evento teatrale è stato la punta dell’iceberg del lavoro clinico massiccio ed integrato di una rete di servizi pubblici e del privato sociale finalizzata alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle persone colpite dalla Dipendenza da Gioco d’Azzardo. Il progetto ha il suo principale obiettivo di far emergere il fenomeno del “GAP – Gioco d’Azzardo Patologico”. Artisticamente però rappresenta la conclusione finale di un laboratorio teatrale che ha avuto come tema centrale il gioco d’azzardo come fenomeno sociale.

Da un punto di vista squisitamente comunicativo, ci si è chiesti come e quali aspetti fossero fondamentali da comunicare alla gente comune, puntando sullo strumento creativo per tramettere emozionalmente ed in modo “leggero” contenuti drammaticamente importanti, e spesso del tutto dimenticati. Il laboratorio ha visto la partecipazione di volontari ed operatori tecnici del settore, interessati a diffondere il tema, attraverso una rappresentazione teatrale veritiera anche se, giocoforza, incompleta.
Il progetto ha utilizzato le tematiche emerse negli anni precedenti di lavoro sul tema: e specificatamente l’aspetto legato alla superstizione, al sogno di vincita come pensiero magico ed infantile, alla tragica perdita del senso di sé.
Game over è un progetto di contrasto al fenomeno del Gioco d’ Azzardo realizzato in tutti i distretti sociosanitari della ASL3 genovese. Al progetto “Game over” lavorano da anni molti enti del terzo settore: AFET, Agorà, Associazione “Genitori Insieme”, CEIS Genova, Il Biscione, La Giostra della Fantasia, Ma.Ris, Minerva, Retedanzacontemporanealigure e Comunità San Benedetto al Porto.

 

LO SPETTACOLO

Dopo un provocatorio quiz che coinvolgeva gli spettatori a “gareggiare” tra loro rispondendo a domande di ordine statistico legate ad alcuni tòpoi tipici del gioco d’azzardo visto nella molteplicità delle forme nelle quali si può praticare, il vero e proprio spettacolo è risultato a tratti d’impatto, a tratti non sufficientemente incisivo.
Il risultato è stato comunque una messa in scena di buon livello, centrata su alcuni temi cardine della dipendenza da gioco d’azzardo: l’aspetto voluttuario, che solitamente caratterizza i primi approcci al gioco, l’aspetto del riscatto, che sorge normalmente dopo l’esperienza prolungata di perdite senza soluzione di continuità, ed infine l’aspetto della necessità, quando ci si gioca ciò che non si ha per vincere beni di prima necessità (pane, pasta etc. etc.).

I personaggi in scena, oltre all’attrice che impersonificava il “banco”, la Fortuna, e quindi anche la parte cognitivamente compromessa del giocatore incapace di rappresentarsi la scommessa come qualcosa di aleatorio e masochistico, erano sette. Ciascuno di questi ricalcava, senza esaurirli, alcuni degli stereotipi delle varie tipologie del giocatore/giocatrice; in quest’ottica , decisamente avanguardista è stato l’inserimento di diverse figure femminili, protagoniste in negativo, e non semplici vallette, normalmente escluse o marginalmente evocate quando si rappresentano i mondi del gioco d’azzardo.
Il tutto ambientato in un non luogo, fisico e mentale nel quale i personaggi si muovevano senza meta alla ricerca del colpo “buono”, della vincita “risolutrice”.
Lo spettacolo ha inoltre affrontato l’aspetto della grettezza del giocatore che vive secondo la legge “mors tua , vita mea”, e il tema sostanziale dell’incapacità di vivere la normalità, situazione emotiva che il giocatore rifugge perché lo spaventa e non lo “attiva”.

Le sensazioni

Chi scrive è stato un giocatore d’azzardo sin dall’età di circa 13 anni, si è curato proprio grazie al progetto GAP, e si pone questa domanda:
Quanti tra i presenti allo spettacolo, hanno davvero capito la pericolosità del fenomeno del gioco d’azzardo?
In alcuni momenti lo spettacolo, nel suo complesso scorrevole, è sembrato indugiare troppo nella ricerca di un dialogo tra esperti, mancando, forse, l’obiettivo principale, ovvero comunicare che:

l’azzardo uccide come e più di ogni altra dipendenza, ti toglie qualsiasi forma di progettualità, spegne ogni tuo talento, distrugge nel tempo ogni tua relazione, ti inaridisce fino a spegnerti.
Il gioco d’azzardo batte una strada contraria a quella della vita, prende il tuo tempo, lo ridicolizza frantumandolo.

Chiudo questo spazio ringraziando Claudio, e inserendo due poesie scritte proprio sul gioco d’azzardo.

 

SE SMETTO, VALE?

Passavano i traguardi.

Fantini dai colori sgargianti mi strizzavano l’occhiolino,

infilandosi nelle mie tasche, infinite e stanche.

I lampadari allucinati dei casinò,

nei sogni stuprati dagli incubi,

gettavano luce sulle parti mie più oscure,

ed il suono della pallina della roulette

scandiva i tempi della luce e del buio.

Tra sigarette fumanti, un tavolino verde,

oramai ibernato dalle tante sofferenze,

ospitava l’ennesima Girandola di carte,

che si divertiva a tenermi a braccetto

per poi lasciarmi in bilico o sul baratro,

oramai stordito dal coro “ultima mano”.

Così uscivo trasparente,

ed inchiodato all’ennesima fiche.

Capolinea: Dio! Sto male!

Capolinea: oggi smetto, Domani smetto

Alternativa: non sentire, non vedere e non respirare più nulla

Sento ora la mia voce, sto cominciando ad urlare e non ho ancora smesso

 

IL BOOKMAKER ESTINTO

Pare che sia morto quel maledetto sciacallo,
pare che i suoi occhi senza lacrime e senza velo
non potranno più incontrare i miei sguardi
e neanche il cielo.

Io non ero né ancóra né non ancóra,
ma già sapevo innamorarmi di un gesto o di una parola,
correvo e mi sbucciavo, piangevo e canzonavo,
per poi magheggiare le future donne nelle loro danze,
e maneggiare, tra le loro gonne, le dolci movenze,
innamorato, ognidove, delle loro assenze.

Aspettando le loro mani,
riprendendo i loro canti
asciugavo, speranzoso, i loro pianti.

Dieci più tre erano i miei anni,
giostrai beffardi dei miei affanni.

Pare che non potrà più imbrattare la speranza di nessuno,
quel fratricida di sé stesso,
che si cibava di anime come un ossesso,
ticchettando sul muro i tempi del tuo digiuno,
spalmato su di un ritratto turlupinato
da quaranta carte più uno.

Ed a curar l’angina da centauromachia
ci sarà una preghiera, ed anche un’omelia,
una parabola per come fosti,
e così sia.

Arriverà lì, la mia voce,
non più precoce non più mendace,
e non invocherà più nessuna guerra,
ma solo poesia, pace e terra.

Si squarcerà il tuo nome, a ricordare,
senza più timore di singhiozzare,
che esiste anche per te una fine tra le onde,
nel silenzio di un dolce mare che non più confonde,
ed il valor più non nasconde.

 


*Sergio Famulari è poeta, giornalista e molte altre cose ancora…